L’ultima notte

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Entro nel locale.
È perfetto. Pieno di gente. Giovani.
L’ho immaginato così tante volte che adesso potrei farlo a occhi chiusi.
Giro in mezzo a volti e corpi caldi, carichi, sudati. Respiro la loro stessa aria, le loro emozioni. Mi lascio trasportare dalla musica. Con la mano accarezzo il manico del coltello, nella tasta dei calzoni, per ricordarmi chi sono. O sì, potrei farlo a occhi chiusi. E’ perfetto. Non sarebbe lo stesso in nessun altro posto.
Avrei potuto scegliere una stazione della metropolitana. Oppure il tetto di una casa e fissare il mondo a duecento all’ora mentre tutto cade. O chiudermi nel cesso di un ristorante, e lasciare la fine di ogni cosa a delle stupide pastiglie colorate. No, ho deciso che sarà qui, in mezzo a tutta questa vita. A tutta questa bella gente.
Finalmente, sarò libero, correrò fuori, e volerò sopra ogni cosa, poco importa verso dove.
Quale sarà di loro? Chi avrà l’onore? Ma non sarò io a scegliere. Sarà lui (o lei) a parlarmi, senza aprire bocca. Sarà lui (o lei) ad accompagnarmi, ad aprire la porta della mia gabbia. Domani questa lunga (infinita) notte sarà finita. Sarà l’alba di un nuovo giorno. Domani, potrò smettere queste tristi vesti e indossare un sontuoso mantello di luce.
Che male c’è in fondo? Offro vita nuova per una nuova vita. Se non si muore, non si può rinascere.
Chi morirá per me stanotte? Per chi morirò io? Moriremo entrambi, per non lasciarci mai più.
Due in uno, e l’uno per il tutto.
Ecco, lo sento, sta per giungere l’istante. Stringo il manico. Sento esplodere la vita nel petto.  Adesso lui è qui accanto a me, ride, mi sussurra nell’orecchio una lingua che non conosco. Ride e canta. Io gli sorrido, rido e canto assieme a lui.
E tutto accade in un attimo. Tutto è già finito.
Ora volo, la porta è aperta, spalancata. Mentre lui è steso in una pozza di sangue sul divano in fondo al locale, e gli occhi fissi pieni di diamanti.
Adesso posso andare, libero. Lontano.
Addio lunga, infinita notte.
Samuel Giorgi

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